Questo è il mio (primo?) romanzo, rimasto nel cassetto per circa quindici anni e dopodiché inviato, un po’ per sfida e un po’ per gioco, ad un concorso letterario.

Per chi è alla ricerca di un luogo e di un significato, per chi ha lavorato in un ristorante, per chi ama le altre lingue e culture, per chi, almeno una volta, ha fallito nel comunicare e nel dare senso. Per chi ammette di aver fatto fatica a scongiurare le tassonomie e i pregiudizi, sublimati e subiti. Per chi sa che la memoria è imperfetta. Per chi, soprattutto, conosce l’ironia.
Carla, Majnuna e il ristorante è un romanzo incentrato sul tema dell’identità, intesa in senso culturale e linguistico, ma anche sessuale ed esistenziale. Racconta la diversità e la ricerca di appartenenza attraverso gli occhi delle due protagoniste.
Carla vive sulla propria pelle il pregiudizio, mentre Stella ne diventa portavoce involontaria, sopprimendolo al punto da non riuscire più a distinguere quel che è lecito da quel che non lo è. Fa da sfondo il ristorante, marchio di migrazione per l’una e rito di passaggio per l’altra, caotico e inconsistente non-luogo in cui le culture si incontrano, si ignorano, si assestano, a volte si fermano a cercare un’empatia che resta superficiale.
Nel testo ci sono tanti rimandi (o Easter Egg, se preferite) a letture, film, canzoni che i miei coetanei millennial potrebbero trovare di loro gradimento, ma c’è anche tanta ironia, il cui scopo è proprio quello di assecondare l’idea che molto spesso partiamo da premesse sbagliate e che, volenti o nolenti, i nostri pregiudizi nell’interpretare l’altro – specie quando parla una lingua diversa dalla nostra – non fanno che distorcere le interpretazioni e limitarci.
L’ironia cui mi riferisco era forse più facilmente accettabile prima che la cancel culture ci proiettasse in quest’epoca di neo-vittorianesimo e impellenza di fare a pezzi le opinioni altrui anziché ascoltarle: quando Carla parla degli “Inglesi” si sta riferendo a come stereotipicamente vengono immaginati da molte persone in Italia e a come invece sia sbagliato idealizzare e omologare; quando Stella conosce Tareq non sa neanche dove si trova il suo Paese di origine, lei conosce solo quello che la TV e i libri di scuola le hanno trasmesso; quando Carla cita erroneamente l’autore della locuzione non omnis moriar ci conferma che lei a scuola non studiava per paura di finire col plagiare qualcuno, ci sta dimostrando la sua natura umana – dunque – fallibile.
Ringrazio chi ha già avuto la curiosità di leggere❤️❤️❤️ e ha voluto condividere il proprio pensiero.
Commenti
- La cosa che ho più apprezzato è lo stile. Il romanzo è, senza ombra di dubbio, ben scritto. A prescindere dai contenuti, infatti, mi sono ritrovato più volte ad apprezzare la prosa, la costruzione dei periodi, la stessa scelta delle parole, sempre curate e mai fuori luogo (a questo proposito ho avuto l’impressione che l’autore/autrice abbia compiuto studi di carattere umanistico; infatti sono abbastanza frequenti nel libro dissertazioni riguardo la fonologia di parole francesi e non). Inoltre ho anche trovato assai apprezzabili tutti i passaggi narrati in prima persona da Carla […] [Lettore anonimo, Rifugio degli Esordienti]
- […] letto in pochissimo tempo perché mi ha preso tanto. L’ho trovato davvero bello, nella forma, la scrittura scorrevole, mai superficiale o scontata. Ho apprezzato molto le tematiche che hai toccato e che hai trattato come se le avessi vissute sulla tua pelle, quindi senza falsa retorica. Adorato i riferimenti alla linguistica, l’antropologia, la letteratura inglese, a tratti ho trovato anche dei monologhi interiori alla Virginia Woolf. Ho trovato divertente quando a p.8 […] l’ho trovato geniale ahah ma poi la scrittura così umana, sentita. Bravissima davvero! Che dire, complimenti! ❤ [Davide]
- Mi sto mangiando il tuo libro, tu devi fare questo nella vita, c’è poco da fare [Francesca]
- Penso che se non continui a scrivere è un delitto […] senza parole, bellissimo. Ha confermato quello che già pensavo delle persone che sono e non ostentano […] c’è una firma, un inchiostro, un’identità [Ivano]
- Il libro scorre veloce e ogni tanto [l’autrice] la “frecciatina” la tira. Se fosse leggermente più caustica sarebbe l’erede naturale della Murgia [Katia]
- Io sono lenta e pigra a leggere ma che meraviglia che hai fatto […] [Federica]
- Una corposa recensione la trovate qui
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